Un’analisi innovativa dei dossier medici digitali utilizzando grandi modelli di linguaggio (GML) sta sfidando le convinzioni consolidate sulle caratteristiche cliniche dell’autismo. Una recente ricerca condotta da scienziati del Neuro (Istituto-Ospedale neurologico di Montreal) dell’Università McGill e di Mila (Istituto quebecchese di intelligenza artificiale) ha rivelato che i fattori legati alla comunicazione sociale potrebbero non essere così indicativi della presenza di questo disturbo come si pensava.
Questa scoperta mette in discussione il metodo diagnostico standard per l’autismo, che si basa su valutazioni secondo manuali di riferimento come il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione (DSM-5). Il DSM-5 elenca due categorie di criteri diagnostici per l’autismo: una relativa ai comportamenti, sensibilità e interessi, e un’altra che riguarda le differenze nella sfera della comunicazione e delle interazioni sociali.
Per lo studio, i ricercatori hanno personalizzato un modello di intelligenza artificiale (IA) per analizzare oltre 4.200 rapporti clinici di bambini in Quebec. I risultati hanno mostrato che i criteri legati alla socializzazione, come la reciprocità emotiva, la comunicazione non verbale e l’instaurazione di relazioni, non erano strettamente correlati alla diagnosi di autismo.
In altre parole, questi criteri non erano significativamente più presenti nelle persone con diagnosi di autismo rispetto a quelle in cui tale diagnosi era stata esclusa. Al contrario, i criteri legati ai movimenti motori ripetitivi, all’iperfissazione su certi interessi e a una sensibilità insolita agli stimoli sensoriali erano fortemente associati alla diagnosi di autismo.
Alla luce di questi risultati, pubblicati sulla rivista Cell, gli scienziati suggeriscono che potrebbe essere opportuno per il corpo medico rivedere l’importanza attribuita ai criteri attuali e concentrarsi maggiormente sui comportamenti ripetitivi e sugli interessi particolari.
Attualmente, la diagnosi di autismo si basa su una valutazione clinica; non esiste alcun test biologico per analizzare geni, sangue o immagini cerebrali. Si tratta di un processo lungo che può ritardare l’accesso a servizi di supporto essenziali. Secondo i ricercatori, concentrarsi sulle caratteristiche più predittive dell’autismo potrebbe accelerare e rendere più preciso il processo diagnostico. Sottolineano il potenziale dell’IA per affinare questo processo.
“La tecnologia dei grandi modelli di linguaggio potrebbe un giorno portarci a ripensare la nostra definizione di autismo”, osserva Danilo Bzdok, autore principale dello studio.
Fonte: Techno Science
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