mercoledì, 12 Marzo 2025
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Dalle scorie nucleari all’energia: il futuro delle batterie per microelettronica

L’energia nucleare ha il grande vantaggio di generare quasi zero emissioni di gas serra, ma porta con sé una questione delicata: le scorie radioattive. Ora, un nuovo studio propone un’idea innovativa per dare nuova vita a questi rifiuti: alimentare batterie per microelettronica.

Un team di ricercatori negli Stati Uniti ha dimostrato che la radiazione gamma emessa dai rifiuti nucleari può essere convertita in energia sufficiente per far funzionare microchip. Al momento, questa tecnologia è limitata a piccoli sensori, ma gli scienziati ritengono che potrebbe essere scalata per applicazioni più ampie.

“Stiamo trasformando qualcosa considerato un rifiuto in una risorsa preziosa,” spiega Raymond Cao, ingegnere nucleare della Ohio State University.

Un passo avanti per l’energia nucleare

Attualmente, circa il 10% del fabbisogno energetico mondiale è coperto dall’energia nucleare, un’alternativa ai combustibili fossili che potrebbe diventare ancora più interessante se riuscissimo a sfruttarne anche i rifiuti radioattivi.

L’idea delle batterie nucleari, che convertono il decadimento radioattivo in elettricità, esiste da decenni, ma fino a oggi la tecnologia non è mai stata sufficientemente efficiente per un uso pratico. Questo studio potrebbe cambiare le cose.

Come funziona la batteria nucleare?

La generazione di energia avviene in due fasi:

  1. Cristalli scintillatori trasformano la radiazione in luce.
  2. Celle solari convertono questa luce in elettricità.

Il prototipo sviluppato dai ricercatori misura circa 4 centimetri cubici e, quando testato con due comuni scorie radioattive – cesio-137 e cobalto-60 – ha prodotto rispettivamente 288 nanowatt e 1,5 microwatt di energia.

“Si tratta di risultati rivoluzionari in termini di potenza generata,” afferma Ibrahim Oksuz, ingegnere aerospaziale della Ohio State University.

“Questo processo in due fasi è ancora in una fase preliminare, ma il prossimo passo sarà generare una quantità maggiore di energia attraverso un miglioramento della scala di produzione.”

Applicazioni e sfide future

Queste batterie non sarebbero destinate all’uso domestico, ma potrebbero essere collocate vicino agli impianti nucleari, alimentando sensori e strumenti di monitoraggio con una manutenzione minima.

Secondo gli scienziati, la batteria sarebbe sicura al tatto e non rilascerebbe inquinanti nell’ambiente circostante, anche se restano da chiarire alcuni aspetti, come la durata della fonte di energia una volta installata.

Il team sottolinea inoltre l’importanza di studiare la resistenza delle celle fotovoltaiche e dei cristalli scintillatori alla radiazione, un elemento chiave per la fattibilità del progetto.

Ma le possibilità non si fermano qui: questa tecnologia potrebbe trovare applicazione anche nello spazio, dove la presenza di radiazioni gamma è elevata e potrebbe essere sfruttata per generare energia.

Durante lo studio, i ricercatori hanno anche scoperto che la configurazione dei cristalli e delle celle solari influisce sull’efficienza della conversione, un dettaglio fondamentale per i futuri sviluppi.

“Il concetto di batteria nucleare ha un enorme potenziale,” conclude Oksuz.
“C’è ancora molto margine di miglioramento, ma credo che in futuro questa tecnologia troverà un posto di rilievo sia nel settore dell’energia che in quello dei sensori.”

Lo studio è stato pubblicato su Optical Materials: X e potrebbe rappresentare un primo passo verso una nuova era dell’energia nucleare.

Fonte: Science Alert

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Salvatore Macrì
Salvatore Macrìhttps://sotutto.it
Amante della tecnologia, della buona musica e della SEO, scrivo articoli per puro divertmento e per delucidare delle tematiche legate alla vita quotidiana per rendere questo mondo meno complicato. Sensibile ai temi ambientali e strenue sostenitore di una "green revolution" che nasca dal basso.
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