Scoperta nel 1998, la storia dell’ infante di Lapedo, un ibrido tra umani moderni e neandertaliani, ha affascinato a lungo la comunità scientifica. Grazie a una metodologia di datazione all’avanguardia, è stato finalmente possibile determinare con precisione l’età di questo reperto, svelando dettagli significativi sul nostro passato comune.
Un’innovativa datazione per un antico mistero
I primi tentativi di datazione al radiocarbonio, effettuati decenni fa, avevano fornito risultati incerti, oscillando tra 20.000 e 26.000 anni. Queste incertezze erano dovute alla contaminazione degli esemplari con radici e altre materie organiche. Per superare tali ostacoli, i ricercatori hanno adottato una tecnica innovativa chiamata datazione al radiocarbonio specifica per composti (CSRA). Questa metodologia si concentra su un raro amminoacido, l’idrossiprolina, presente quasi esclusivamente nel collagene osseo, garantendo così risultati affidabili.
Un’illuminazione sulle interazioni tra specie
La scoperta dell’infante di Lapedo ha avuto un ruolo cruciale nella comprensione dei crossover tra umani moderni e neandertaliani. Al momento della sua scoperta, l’idea di un tale meticciato era controversa. Tuttavia, la combinazione unica di tratti fisici dell’infante, come il mento prominente tipico degli umani moderni e le gambe corte e robuste dei neandertaliani, ha reso questo reperto un soggetto di studio fondamentale per comprendere le interazioni tra queste due specie.
Una nuova prospettiva per l’archeologia
Questa avanzata tecnologia apre nuove prospettive per l’archeologia. Riducendo i rischi di contaminazione, la metodologia CSRA consente di datare con precisione campioni mal conservati, come quelli dell’infante di Lapedo. Potrebbe essere applicata ad altri siti preistorici, offrendo una visione più chiara dei movimenti e delle interazioni delle antiche popolazioni. Così, questa scoperta non solo risolve un enigma vecchio di decenni, ma apre anche la strada a future ricerche sul nostro passato evolutivo.
Dettagli sulla cultura gravettiana
Grazie a questo approccio, il team ha stabilito che l’infante di Lapedo visse tra 25.830 e 26.600 anni a.C., circa 28.000 anni fa. Questa datazione precisa conferma che l’infante apparteneva alla cultura gravettiana, un periodo caratterizzato dalla coesistenza tra umani moderni e neandertaliani in Europa. I ricercatori hanno anche scoperto che alcuni elementi della sepoltura, come il carbone e le ossa di cervo, erano più antichi dell’infante, suggerendo pratiche funerarie complesse.
Fonte: Techno Science
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