Circa vent’anni fa i satelliti della missione GRACE (Gravity Recovery and Climate Experiment) — una collaborazione tra NASA e DLR — hanno registrato un segnale insolito nel campo gravitazionale terrestre lungo la costa africana occidentale.
Il fenomeno, esteso per circa 7 000 km, ha raggiunto il suo picco intorno a gennaio 2007 e si è manifestato insieme a un “jerk” geomagnetico, una brusca variazione del campo magnetico terrestre. Questa coincidenza ha spinto gli scienziati a ipotizzare un legame tra i due fenomeni.
Come è stato individuato
I satelliti GRACE volavano in coppia e misuravano con estrema precisione la distanza che li separava. Quando uno dei due attraversava una zona con una massa maggiore o minore rispetto al previsto, la distanza cambiava leggermente, segnalando così una variazione locale del campo gravitazionale.
Filtrando i segnali dovuti a fattori superficiali come acqua, ghiaccio o maree, i ricercatori hanno isolato un segnale più profondo, proveniente dal mantello terrestre.
Qual è la spiegazione proposta
Secondo gli studi più recenti, la causa dell’anomalia sarebbe una rapida ridistribuzione di massa nel mantello profondo. Una delle ipotesi più convincenti riguarda un cambiamento nella struttura cristallina del minerale Bridgmanite, il più abbondante nel mantello inferiore.
In condizioni estreme di pressione e temperatura, questo minerale può passare da una forma “perovskite” a una “post-perovskite”, modificando la densità della roccia e generando così variazioni misurabili nel campo gravitazionale.
Questo stesso processo potrebbe aver influenzato anche il campo magnetico terrestre, poiché i moti del mantello interagiscono con il nucleo esterno liquido, sede della dinamo magnetica del pianeta.
Quali implicazioni ha
L’anomalia africana dimostra che la Terra è tutt’altro che statica. Anche processi che avvengono a migliaia di chilometri di profondità possono alterare la gravità e il magnetismo percepiti in superficie. Comprendere questi fenomeni aiuta gli scienziati a studiare meglio la dinamica del mantello, la struttura interna del pianeta e l’evoluzione del campo magnetico nel tempo. È anche la prova di quanto siano sensibili i satelliti moderni, capaci di “vedere” sotto la crosta terrestre.
Limiti e domande aperte
Nonostante le nuove evidenze, restano molti punti interrogativi. Non si sa con certezza quanto spesso si verifichino fenomeni simili né quali meccanismi li inneschino. Anche la posizione esatta dell’anomalia e la sua durata — limitata a un paio d’anni — sollevano dubbi sul suo carattere permanente.
È inoltre incerto se eventi analoghi possano avvenire in altre aree del globo. Al momento, non esistono indicazioni che possano avere effetti diretti sulla superficie o sulle attività umane, ma rappresentano un segnale prezioso da monitorare.
Considerazioni finali
Trovo straordinario che un cambiamento avvenuto a migliaia di chilometri sotto i nostri piedi possa essere rilevato da satelliti che orbitano centinaia di chilometri sopra la Terra. È un promemoria potente di quanto poco conosciamo davvero del nostro pianeta.
Non credo che simili fenomeni comportino rischi immediati, ma li considero un chiaro invito alla curiosità e alla ricerca.
La Terra ha i suoi ritmi, i suoi impulsi, e noi ne percepiamo solo la superficie. Studiare il suo interno, anche attraverso minuscole variazioni gravitazionali, è come ascoltare il battito cardiaco di un organismo vivo: ci aiuta a capire chi siamo e su cosa poggiamo ogni giorno.
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