In un mondo dove si misura tutto — dal battito cardiaco all’attenzione online — l’unica metrica che sfugge ancora alla nostra ossessione per i dati è forse la più importante: cosa vuol dire davvero “vivere bene”? A questa domanda ha provato a rispondere uno degli studi più ambiziosi mai condotti sul benessere umano. Si chiama Global Flourishing Study, e ha coinvolto oltre 200.000 persone in 22 Paesi diversi.
- 1 Dall’idea di felicità all’idea di fioritura
- 2 Sei dimensioni per definire la vita che funziona
- 3 Le sorprese: quando ricchezza non fa rima con benessere
- 4 Giovani in difficoltà: la crisi nascosta della generazione connessa
- 5 Religione: un catalizzatore universale del benessere
- 6 La geografia del fiorire: una mappa senza pregiudizi
- 7 Non esiste un modello unico per fiorire
- 8 Verso un nuovo umanesimo basato sui dati
Il risultato è una mappa globale dell’anima contemporanea. Un’immagine nitida di cosa serve davvero all’essere umano per prosperare nel senso più profondo, multidimensionale, e sorprendentemente concreto del termine.
Dall’idea di felicità all’idea di fioritura
Il concetto chiave dello studio non è la semplice “felicità”, bensì la flourishing life: una vita che fiorisce. L’idea affonda le radici nella filosofia greca, in particolare nel concetto aristotelico di eudaimonia — il benessere come realizzazione del potenziale umano, non solo come piacere momentaneo.
Ma il Global Flourishing Study non è filosofia: è scienza dei dati, epidemiologia e psicologia comparata, al servizio di una domanda antica quanto l’umanità. Che forma ha una vita davvero buona? E da cosa dipende?
Sei dimensioni per definire la vita che funziona
Il team internazionale guidato da ricercatori delle università di Harvard, Regent e Baylor ha individuato sei pilastri fondamentali del fiorire umano, misurati con indicatori da 0 a 10:
- Soddisfazione e felicità: non solo emozioni positive, ma percezione di pienezza esistenziale.
- Salute fisica e mentale: livello percepito di benessere, assenza di dolore, depressione, disturbi.
- Significato e scopo: avere una direzione chiara nella vita, sentire che le proprie azioni contano.
- Carattere e virtù: agire con etica anche nelle difficoltà, cercando il bene collettivo.
- Relazioni strette: qualità delle amicizie, della famiglia, del sostegno sociale percepito.
- Sicurezza materiale: accesso stabile a cibo, casa, reddito e opportunità economiche.
Il modello, chiamato Secure Flourish Index, è stato arricchito da metriche aggiuntive: ottimismo, fiducia, spiritualità, qualità dell’infanzia, resilienza.
Le sorprese: quando ricchezza non fa rima con benessere
I dati emersi smentiscono alcuni stereotipi consolidati. Paesi come Indonesia, Messico e Filippine — spesso etichettati come in via di sviluppo — risultano ai vertici del benessere percepito. La chiave? Forte coesione sociale, vita spirituale attiva e senso condiviso del significato.
Al contrario, USA, Giappone, Svezia mostrano livelli più bassi in senso della vita, legami sociali e soddisfazione complessiva. Nonostante le economie solide, stress, isolamento e crisi di identità sembrano affliggere le società più avanzate.
Giovani in difficoltà: la crisi nascosta della generazione connessa
Un dato particolarmente rilevante riguarda la fascia under 30. Contrariamente alla famosa curva a U del benessere (che prevedeva un calo a metà vita), il nuovo studio mostra che molti giovani oggi sono in seria difficoltà: ansia diffusa, perdita di senso, insicurezza finanziaria e isolamento.
Il lavoro è ancora uno stabilizzatore: chi ha un impiego — anche precario — mostra indicatori più alti di benessere. Ma è l’appartenenza a una comunità (religiosa, sociale, culturale) a fare la differenza netta.
Religione: un catalizzatore universale del benessere
Che si tratti di cattolicesimo in Messico, islam in Indonesia o luteranesimo in Svezia, la frequenza ai luoghi di culto è associata a migliori punteggi in felicità, significato e relazioni umane.
I ricercatori lo spiegano con il modello delle “4B” della religione:
- Belonging: sentirsi parte di una comunità
- Bonding: connessione spirituale con qualcosa di più grande
- Behaving: vivere secondo valori condivisi
- Believing: credere in un significato che va oltre sé stessi
La partecipazione regolare sembra offrire resilienza nei momenti difficili, oltre che supporto emotivo, strutturale e simbolico.
La geografia del fiorire: una mappa senza pregiudizi
Alcuni risultati del primo ciclo dell’indagine sono eloquenti:
- Indonesia domina in quasi tutte le dimensioni, soprattutto significato, relazioni e virtù.
- Messico e Filippine seguono con punteggi alti grazie alla solidità della famiglia e alla spiritualità.
- Giappone e Turchia sono tra i Paesi con i dati più bassi, penalizzati da solitudine urbana e instabilità politica.
- Brasile mostra un forte divario di genere: le donne si sentono meno supportate e sicure rispetto agli uomini.
- USA sorprende per i punteggi medi: benessere finanziario sì, ma poca soddisfazione e scarso significato percepito.
Non esiste un modello unico per fiorire
Lo studio, pur usando un approccio etico comparativo (le stesse domande per tutti), evidenzia che la definizione di “vita buona” è sempre legata al contesto. Il rischio, secondo i ricercatori, è quello di perdere le sfumature locali.
Per questo, gli autori auspicano l’inizio di una seconda fase: ricerche emic, con indicatori e domande che riflettano i valori, i linguaggi e le aspettative delle singole culture.
Verso un nuovo umanesimo basato sui dati
Il Global Flourishing Study non offre risposte semplici. Ma pone una base empirica per ripensare la salute, l’economia, l’educazione e le politiche sociali sulla base di ciò che realmente rende l’essere umano capace di fiorire.
Non basta misurare il PIL. Serve un indice del significato, della connessione umana, della fiducia e della speranza. E serve ora.
Fonte: Science Alert
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